Ero intenta nelle mie ricerche artistiche, frutto di una stimolante e esaltante lezione di storia e critica del cinema tutta incentrata sul cinema delle avanguardie (dadaismo, espressionismo e surrealismo) quando mi sono imbattuta nella pagina di
Wikiartpedia dedicata a Marcel Duchamp (che io amo, stimo, venero e adoro), e mentre davo una scorsa veloce alla pagina l’occhio mi è caduto sulla fotina che ritrae il genio del dadaismo e mi son detta:
“ohibò, costui mi ricorda tanto qualcun altro! Ma chi? Per dinci, chi???”
e poi tutto d’un tratto l’illuminazione: somiglia ad EGLI,
a colui il quale usava il cut-up di William Seward Burroughs per comporre le sue canzoni.
Anche i dadaisti usavano lo stesso principio per scrivere le loro poesie:
Per fare una poesia dadaista
Prendete un giornale.
Prendete un paio di forbici.
Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che voi desiderate dare alla vostra poesia.
Ritagliate l’articolo.
Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo e mettete tutte le parole in un sacchetto.
Agitate dolcemente.
Tirate fuori le parole una dopo l’altra, disponendole nell’ordine con cui le estrarrete.
Copiatele coscienziosamente.
La poesia vi assomiglierà.
Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e fornito di una sensibilità incantevole, benché s’intende, incompresa dalla gente volgare.
(dal
Manifesto Dada – 1918 – riportato in “
Le avanguardie artistiche del Novecento” di Mario De Micheli)
[Certo il
cut-up di Burroughs non è esattemente uguale alla tecnica dei dadaisti, ma si può dire che il principio logico alla base dei due è piuttosto simile.]
Quindi, forse, la reincarnazione è una possibilità effettiva.
[M. Duchamp] [M. Agnelli]